venerdì 6 giugno 2014

Anche in piena estate


Anche in piena estate
di 
Francesca Piras

Anche in piena estate il sole non permetteva a quella cittadina di splendere e brillare a pieno, rimaneva ugualmente cupa, grigia, e fredda. Ci troviamo in una quasi dimenticata cittadina Inglese, il cui nome non sarà svelato.

"Cazzo mamma, non rompere, o non farò mai in tempo!" Jake urlava contro sua madre e cercava disperatamente l'accendino con la sigaretta già sulle labbra pronta a consumare i suoi polmoni come ormai accadeva da ben due anni e mezzo, appena compiuti quattordici anni, da quando l'adolescenza stava aprendo le sue terribili e allo stesso tempo emozionanti porte. Probabilmente non erano solo i suoi polmoni ad essere consumati.
Jake uscì di corsa da casa e si diresse verso quella di Thomas, come era abituato a fare da ormai troppi anni. Cantava a squarciagola, allegro, duro e tenace all'apparenza, e infinitamente perduto al suo interno.
"Che coglione! Che ti canti? La gente ancora dorme qua!" urlò Thomas affacciandosi dalla finestra della sua stanza. "Sbrigati a scendere Thomas, oggi sono felice!" replicò frizzante Jake.
Thomas scese con un sorriso quasi più brillante del solito. Lui sorrideva spesso, aveva un sorriso così bello, dolce e spensierato. I suoi occhi stessi, grandi e neri, emanavano serenità e pace. Era bello, moro, dalla carnagione scura. Tutto il contrario di Jake che, sempre bellissimo, aveva dei lineamenti meno delicati: l'aspetto da duro gli si era creato anche sul lato estetico. Era piuttosto muscoloso, ma muscoli naturali, muscoli che gli aveva procurato il corso della vita. Aveva una carnagione chiara, così come i suoi bei capelli castani. Gli occhi, non molto grandi, erano celesti e brillavano, brillavano sempre. Jake abbracciò il suo amico, come ogni mattina; quell'abbraccio era di vitale importanza per lui.
Elizabeth, così bella, intelligente, con un indole all'autodistruzione tanto forte e chiara quanto i suoi grandissimi occhi celesti, all'apparenza freddi e duri, privi di ogni sentimento, ma se ben osservati, stravolti da una terribile paura, di cui forse neanche lei era pienamente a conoscenza, tanto il muro che si era creata era alto. Aveva un carattere freddo, distaccato e ambientarsi in una nuova città per lei sarebbe stato del tutto indifferente, o così faceva vedere all'esterno.
Il suo primo giorno in quella città lo dedicò alla ricerca del posto più sperduto che potesse esserci. Arrivò verso le 20:30 di sera, dopo due ore di visita per la città, in un posticino quasi dimenticato, lontano circa un’ora e mezza dal centro della città. Era un luogo bellissimo, pieno di pace e serenità; era un posto che una volta vissuto non potevi fare a meno di visitare ogni giorno; ma preferisco non descriverlo e lasciare spazio all’immaginazione di chiunque leggerà, raggiungendo l’idea di quello che maggiormente crede sia la bellezza e la serenità. Elizabeth si guardò intorno, fece un lungo respiro per sentire tutta quella meraviglia che la circondava e si tolse il maglioncino color carne che indossava; in quel luogo faceva quasi caldo al contrario del resto della città, era come fosse un mondo a parte. Elizabeth era veramente bellissima e quel posto la rendeva ancora più bella: si trovava ferma, in piedi, al centro di quel caloroso posto, e continuava a fare lunghi respiri. Aveva la carnagione di un rosa chiarissimo, una pelle così perfetta, del bellissimi e grandissimi occhi celesti che in quel momento sembravano essere quasi sereni e spensierati. Aveva un piccolo nasino quasi perfetto e delle labbra ne sottili ne carnose, di un rosa scuro, così belle che al solo vederle non potevi che desiderare di baciarle ardentemente. Era alta abbastanza per essere una ragazza di quasi diciassette anni, ed era magrissima, ma con le giuste forme femminili. I suoi capelli erano scuri, di un castano scurissimo, ed erano leggermente ondulati nelle punte.

 “Thom, domani inizia la scuola, ma noi non ci andremo.” Disse Jake in modo serio e tranquillo. “Sì, che ci andremo.” Rispose Thomas altrettanto serio e tranquillo. “Vaffanculo Thom, non pensiamoci, mancano ancora sette ore. Ora andiamo, ho solo voglia di starmene tranquillo con te amico mio.” Disse Jake sorridendo e mettendo un braccio intorno alla spalla di Thomas. “Con quella bottiglia non starai certo tranquillo.” Replicò Thomas. “Thom, stanotte dobbiamo festeggiare!” Disse Jake alzando il tono di voce. “Festeggiare che cosa?” Chiese Thomas camminando velocemente con lo sguardo dritto a se. “Non lo so Thom, non lo so.” Rispose Jake scoppiando in una risata. “Non lo so.” Continuò a dire ridendo come un matto.
Passò mezz’ora ed Elizabeth si trovava ancora in quel luogo, seduta a fissare il vuoto. Prese da tasca le sigarette e ne accese una.
“Auuuuu!” Urlò Jake, e Thom rise. Elizabeth si spaventò, e urlò sopra l’ululato di Jake:” Hai sbagliato notte, oggi non c’è la luna piena.” Jake rise e guardò Thom che era estasiato nel vedere Elizabeth. Non avendo un appoggio visivo da parte di Thomas, Jake si avvicinò verso Elizabeth e le chiese:” Ne hai una, bellezza?” Elizabeth porse il pacco di sigarette aperto a Jake e lui ne prese una non distogliendo lo sguardo dai suoi occhi. “Sei nuova?” Chiese Jake. Thomas riprese i sensi e si avvicino replicando:” Già, non ti abbiamo mai vista. Sei nuova?” “Sì, sono arrivata stamattina” Rispose Elizabeth. “Hai già scoperto questa meraviglia, ora dovremo dividercela.” Disse Thom spalancando le braccia verso quel meraviglioso posto. “Siete gli unici a conoscere questo posto?” Chiese Elizabeth. “No, gli unici a conoscerlo forse no, ma a venirci ogni giorno, sì.” Quella notte la trascorsero tutti e tre insieme: fu incredibile come riuscirono a legare, sembrava che per Jake e Thomas, Elizabeth ci fosse sempre stata. Elizabeth, in una sola notte, stava quasi dimenticando di dover tener chiusi i suoi sentimenti, sembrava non gli importasse di stare attenta non legarsi troppo. Quella notte rideva, scherzava e parlava allegramente. Thomas era sempre più estasiato e Jake, con un carattere più simile a quello di Elizabeth, si sentiva meglio che mai. “Voi dovete starmi lontani, vi farò del male” Disse Elizabeth prima di andarsene. “Magari saremo noi a farlo a te” Rispose Thomas e Jake osservò lo sguardo chimico che ci fu fra i due.
Elizabeth tornò a casa brilla e scoppiò in lacrime: mai aveva vissuto una notte così ricca di emozioni. Sembrava quasi che il suo cuore stesse andando per la prima volta contro la sua testa. Purtroppo il contesto in cui sto scrivendo tutto ciò non mi permette di approfondire quello che accadde in quella notte e ancora una volta lascio spazio alla vostra immaginazione riguardo una notte intensa, piena di confidenze e reali emozioni, cari lettori. E’ altrettanto, se non di più, impossibile scrivere dell’anno vissuto insieme da Jake e Thomas insieme ad Elizabeth. Basti, per il momento, dire che quei tre diventarono un’unica cosa. Per Jake il suo unico riferimento di vita non erano i suoi totali assenti genitori, ma era sempre stato Thomas, e non dava a vedere più di tanto l’amore che provava per lui, eppure Thomas sapeva che era immenso quanto il suo per Jake. E l’arrivo di Elizabeth, riuscì a travolgerli maggiormente; tralasciarono ogni cosa per non crollare, per restare tutti e tre uniti.
Jake guardava sempre Elizabeth, e non poteva fare a meno di sorridere, andando contro alla sua testa. Thomas soffriva nella sua felicità ed Elizabeth, sorrideva nella sua abissale paura.
Noi a volte non ce ne rendiamo conto, ma in un misero decimo di secondo le cose possono stravolgere, cambiare in meglio o in peggio la nostra vita. La città in cui quei tre vissero quell’intenso anno fu piena di attimi belli, emozionanti, brutti e spaventosi, ed è per me un enorme dispiacere non poter scrivere, sempre per il momento, di ognuno di questi momenti. Perché non ci sarebbe nulla di banale e scontato, ma soltanto pura emozione e attenzione nel saper leggere fra le righe. L’unico momento che io ora narrerò sarà il peggiore, quello che mise fine a tutto. Ma si sa che ogni finale, in realtà, apre le porte ad un nuovo inizio.
In un misero decimo di secondo quella nostalgica cittadina che Thomas, Jake ed Elizabeth mai avrebbero pensato di abbandonare, fu tremendamente colpita da un terribile episodio: in un misero decimo di secondo il corpo di Thomas, le sue speranze, le sue paure e le sue gioie furono travolti da un grosso furgone. Elizabeth urlò dal ciglio opposto della strada: urlò ferma, impassibile, e solo pochi secondi dopo le lacrime pervasero il suo dolce viso; i suoi bellissimi occhi celesti erano diventati un mare in tempesta, pieni di preoccupazioni e privi di totale speranza. Si mise una mano fra i capelli, tirandoli indietro e cercando di mantenere quel sangue freddo che sempre la aveva caratterizzata. Si bagnò le secche labbra con la lingua e tutto d'un tratto prese a correre, correre senza una precisa meta; si mise a correre come quasi volesse raggiungere l'infinito.
Jake si pietrificò, i suoi duri lineamenti furono ancora più duri e scolpiti, i suoi occhi di cristallo, in quel momento, sembravano veri diamanti che luccicavano. Si mosse solo il suo braccio, che fece cadere a terra il cellulare poco prima posato sul suo orecchio per ascoltare quello che mai avrebbe voluto udire: il suo migliore amico, suo fratello, Thom, una parte di lui, era morto. Mai più una risata, delle lacrime, un abbraccio, tutto era finito. Cadde con le ginocchia a terra, con una mano sugli occhi, pieno di lacrime e disperazione. Era raro, rarissimo che Jake piangesse.
Jake ed Elizabeth si guardarono, osservando quel meraviglioso, ormai triste, posto in cui tutto era iniziato e si abbracciarono, piangendo insieme, come fossero una sola persona a piangere e si stringevano forte. “Piccola, andiamo via da qua, per sempre. Iniziamo una nuova vita, solo io e te.” E si presero per mano, camminando senza una precisa meta, senza neanche voltarsi a guardare quella città che presto avrebbero abbandonato per sempre.




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