UNA CITTA’
UNICA
di
Maria Teresa Cugusi
Una vecchia foto in fondo a un
cassetto mostra un breve tratto della strada in
cui sono nata.
Negli anni bui della guerra,
trascorsi in Toscana, quest’ immagine mi ha accompagnato sem-
pre, facendomi
bruciare di nostalgia e di rimpianto, di desiderio e di certezze lontane.
Sì,
un giorno
sarei tornata, avrei riabbracciato la mia Napoli, unica,
calda, passionale, testimone dei miei più intimi,
infantili segreti, delle mie gioie radiose, delle mie
penombre.
Di quella lunghissima via, di cui
sapevo ogni pietra sconnessa, ogni fosso, amavo tutto. Il
tram numero sei la
attraversava sferragliando e dal
finestrino la vista spaziava sul golfo in azzurri
scorci sempre diversi.
Del Corso Vittorio Emanuele
conoscevo le piccole deliziose attività a conduzione famiglia-
re, con i retrobottega che custodivano tesori imprevedibili,
oggetti misteriosi e per me magici, come
antri di vecchi
alchimisti.
Finita la guerra vi ritornai .
Ormai ero cresciuta e sapevo badare a me stessa, ma il primo im-
patto fu tutt’ altro
che facile: avevo acquisito l’accento
livornese e dovevo reinserirmi nel sud.
Ripresi gli studi e cominciai a svolgere piccoli incarichi,
sottopagati e con orari impossibili,
ma stringevo i denti e conservavo una grande serenità. Cercavo
di riappropriarmi della mia città e a-
mavo frequentare le
vie eleganti, piene di luci, di folla e di cose bellissime.
Essendo impegnata nel
volontariato, frequentavo però anche i vicoli più poveri, i tristemente
famosi Quartieri
Spagnoli, Forcella, la Duchesca. Mi ci recavo spesso e, pur dopo qualche
difficoltà
iniziale, riuscii a
farmi accettare, a fare del bene, a imparare molto. Non mi successe mai niente
di
male, anzi incontrai
un’ umanità brulicante e viva, il cui tessuto quotidiano era fatto di
espedienti di
ogni genere. Eppure, da quei vicoli senza sole, si levavano spesso
poetiche canzoni che dicevano di
disperazione e d’amore, di disperazione e di sogni.
Uscivo
presto al mattino e notavo i padri che sguinzagliavano verso angoli strategici
i bambi-
ni più piccoli con i loro ombrellini che appoggiavano aperti
sul marciapiede con dentro spagnolette di
cotone, spille da balia, aghi. Ti supplicavano di comprare
qualcosa altrimenti, se fossero tornati a casa
senza spiccioli, niente cena! I più grandicelli correvano al
porto ad accogliere le navi americane e nor-
vegesi. Davanti ai marines estasiati, si esibivano in
spericolati tuffi al grido di: “Dollars! Dollars!” e le
monetine cadevano a profusione, mentre i corpi degli
scugnizzi,scintillanti nel sole, guizzavano instan-
cabili a snidarle sott’ acqua.
La vita nei
vicoli di Napoli si svolge soprattutto all’aperto e le notti estive sono più
movimen-
tate dei giorni. I verdurai,che espongono ad arte la merce
all’esterno, non la ritirano: aprono le sdraio,
cenano,chiacchierano,cantano, giocano a carte fino a notte
inoltrata. Cumuli altissimi di angurie ralle-
grano il quadro e coprono le crepe dei muri neri di secoli.
Napoli non dorme mai: non dorme il mare che si
frange sugli scogli,non dorme il vulcano con
la sua funicolare illuminata, non dorme la gente nelle
viuzze inerpicate verso il Vomero.
Dai
Quartieri Spagnoli si sbuca direttamente in Via Roma e si arriva al Teatro San Carlo e a
Piazza Plebiscito, dove si celebrano gli eventi più importanti:
è la Napoli bene, quella dei soldi, della
cultura, dell’intensa vita musicale, degli incontri al
famosissimo Caffè Gambrinus.
Tante sono
le opportunità culturali, di aggregazione, ludiche che la città offre: per la
maggior
parte della popolazione,
però, esse rimarranno sempre “al di là”, miraggi sognati
ma irraggiungibili.
Nella mia
città, mille volte perduta, mille volte ritrovata, io ero felice,felice di
potermi confon-
dere tra la gente senza perdere la mia identità, felice di
sorridere allo spruzzo delle onde sul viso, che ti
assale improvviso sul
lungomare di via Caracciolo e ti nasconde per un attimo il mondo.
Su tutto,
su tutti, da secoli veglia sornione e solitario il Vesuvio, il gigante buono
che ha ac-
compagnato un lungo
tratto della mia vita : la mia giovinezza…
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