venerdì 6 giugno 2014

La città dei musicisti


LA CITTÀ DEI MUSICISTI
di
Andrea Pirellas


Non ricordo il suo nome ma per me è rimasta viva nella memoria come la città dei musicisti. Quando vidi questa città avevo diciotto anni, nel pieno della curiosità e della voglia di apprendere, tanto dagli adulti quanto dalle cose che mi circondavano.
Io ed i miei viviamo in una grande città, in un appartamento al ventesimo piano di un palazzo con un pessimo panorama: palazzi, cemento e asfalto. La città dove vivo è caotica: una sorta di grande formicaio senza regina, di sole formiche operaie che brulicano da ogni angolo in continua agitazione, in un moto quasi perpetuo che si arresta solo la domenica e nelle ore di pausa. A quel tempo ero all’ultimo anno di liceo (istituto d’arte). Ricordo che avevo molti interessi oltre alla passione per l’arte ed il disegno. Facevo sport (calcetto) e con degli amici avevamo creato un piccolo circolo culturale di letteratura ed arte visiva che ha successo ancora oggi: la città sarà anche caotica ma ti offre molte possibilità. Penserete che mi dedichi anche alla musica, ma non è così. Sono stonato come una campana, non ho senso del ritmo e comunque ho altre doti artistiche e quelle che ho mi bastano. Tuttavia ascolto molta musica: per me ed i miei lavori. Per me è tra le più importanti fonti di ispirazione, insieme alla vita quotidiana con le sue problematiche e sfaccettature. Ascolto jazz e soprattutto musica pop, anche dal vivo perché nella mia città si fa musica in molti locali. Attualmente (vado per i 30) sono single (ho avuto le mie storielle) ma non ne faccio un dramma: mamma mi rincuora dicendomi che l’amore con la persona giusta arriva quando lo vuole il cielo. Adesso basta parlare di me e parliamo della città dei musicisti.

Era primavera e con i miei decidemmo di fare un giro in camper per l’Europa centrale, alla ricerca di luoghi tranquilli e per niente frenetici come invece è la mia città. Una mattina ci imbattemmo in un grande villaggio, era ora di pranzo e ci fermammo a mangiare. Già prima di entrare nella trattoria che avevamo scelto tra le tante, passeggiando, provai una sensazione nuova che non saprei bene descrivere. Il pranzo offertoci fu da noi molto apprezzato. A conclusione della mattinata due musicisti allietarono la clientela. Uno di loro suonava il sassofono, l’altro la fisarmonica. Certo una coppia di musicisti piuttosto insolita, ma l’effetto sonoro vi posso assicurare fu piacevolissimo. Tutti apprezzarono il duetto che nel repertorio aveva anche melodie della canzone italiana soprattutto quella napoletana. Quell’ascolto fu prolifico per me suggerendomi due simpatiche caricature dei musicisti. Usciti dalla trattoria facemmo un’altra passeggiata: per smaltire il pranzo e perché la città si stava rivelando imprevedibilmente interessante. Ci incamminammo verso il centro ed ho ancora in mente quelle stradine che si snodavano tra le modeste ma comunque assai graziose casette. Ovviamente c’erano anche le strade per la circolazione delle auto, ma fuori dal centro e meno importanti delle persone. La vera vita di tutta la comunità stava nel centro, architettato solo per bici e pedoni. Le strade erano tenute benissimo: pulite ed ordinate. Nel viso delle persone scorgevi sempre il sorriso e la cordialità: quelle persone non sapevano cosa volesse dire lo stress metropolitano. Tutto pareva calcolato con un ordine estetico intrinseco e col buon senso. Anche la disposizione dei fiori sui balconi era ragionata e simmetrica, e ad essa si sommava la creatività nella scelta dei colori e del tipo di fiori. Rose di molti tipi e colori, ortensie, orchidee: una sinfonia di tinte e profumi. I muri delle abitazioni erano tappezzati di edera verde scuro e le stradine erano definite e perimetrate da agrifogli, tassi, pioppi ed abeti dalle forme fantasiose ed accattivanti. Un’architettura ed un’arte topiaria genuine ed armoniose. Ma cosa c’è dietro a questa cittadina sui generis? C’è che ... Ogni singolo abitante, dal falegname al dentista, studia uno strumento musicale, il suo strumento musicale. Ecco l’approccio di fondo: ogni essere umano si può immedesimare nel suo strumento musicale: è lo strumento a scegliere il musicista (come la bacchetta sceglie il mago). C’è la fioraia che si rispecchia nel timbro sonoro di un violino, il poliziotto che preferisce plettrare sulle corde di una chitarra, e chi si sente basso tuba con l’indole di accompagnare ed essere punto di appoggio per gli altri. Scegliere il proprio strumento è qualcosa che va al di là dell’occupare in maniera costruttiva la propria giornata. Non significa essere musicisti di professione. Significa fondare la città e la comunità su di un bene supremo. Aristotele parlava del comportamento e dell’agire umano che tende (dovrebbe) verso il bene (Ogni tecnica ed ogni ricerca, come pure ogni azione ed ogni scelta tendono ad un qualche bene, come sembra: perciò il bene è stato giustamente definito come ciò a cui tutto tende) . E Pitagora prima ancora si rese conto del potere della musica e del suo valore educativo per l’animo umano. Passeggiare per questa insolita piccola città mi arricchì come artista, come persona, come comunicatore. Ho ancora vive nella memoria le sue strade dalle geometrie proporzionate, le forme regolari ed accattivanti dell’architettura. E quei balconi sgargianti che erano un grido di festa per quelle case realizzate rigorosamente in legno (il legno dei boschi attorno alla città). La città è situata ai piedi di una vallata in mezzo ad una foresta verdissima e secolare, con le montagne all’orizzonte: loro si che hanno un bel panorama! Nel centro della piazza si trova una fontana interamente in legno. Poco più avanti una statua tutta in marmo bianchissimo che raffigura una famiglia di tre persone, ognuna con il proprio strumento tra le mani. Girare questo gioiello di città mi ispirò un nuovo design da proporre nel mio circolo artistico. Il design non può prescindere dall’osservazione di quanto è già stato pensato, realizzato e reso utile per gli spazi urbani e la comunità. Quell’atmosfera mi suggerì dei nuovi modelli di panchine per le aree verdi della mia città. Di panchine nella città dei musicisti ne ho viste parecchie: una cultura della vita con il massimo rispetto per i pedoni, per l’altro. La società non la fanno le automobili! Il centro è fatto apposta per la vita quotidiana: spazi per giocare a bocce, tavoli di biliardo e biliardino, chioschi con riviste e libri, scivoli ed altalene. Tutti hanno i loro spazi ricreativi e di dialogo. La musica, vera Musa Educatrice ed Ispiratrice, rende questo possibile. Una cultura di vita rivoluzionaria dove la bellezza estetica ed etica convergono ad un solo ideale. Starete pensando che ho fumato qualcosa di forte... No grazie. Se questa città non esiste allora l’ho sognata: di conseguenza la troviamo nel mondo delle idee e quindi esiste. Potenzialmente tutte le città, tutte le comunità possono tendere al bene. Spesso le città non rappresentano pienamente le idee degli abitanti che le popolano. Il bene trainante di questa città sui generis di cui vi racconto è la musica, ma il mondo delle idee è pieno di bene e spetta ha noi specchiarci in esso in maniera positiva e costruttiva. Restammo nella città dei musicisti per una settimana e quello che vidi e che provai non lo scorderò mai. Nuovamente nella mia città mi diedi da fare per portare avanti la mia idea di panchine per le aree verdi ed i parchi. Con questo mio design riuscii a diplomarmi all’istituto d’arte con il massimo dei voti. Successivamente mi laureai in architettura dopo cinque anni di intenso studio e sperimentazione. Proposi il design delle panchine (migliorato e rivisto) nell’ambito di un progetto volto a valorizzare le poche (purtroppo) aree pedonali della mia città. Il mio innovativo modello di panchina venne alla fine approvato. Oggi faccio l’architetto: lavoro pensando sempre a quella città originale che cambiò il mio modo di vedere le cose. Studio, creo forme geometrie, progetto spazi urbani ed ambienti sempre proteso verso la mia idea di bene.  

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