venerdì 6 giugno 2014

La notte di un sognatore


La notte di un sognatore
di
Francesco Bilotta

Ricordo di quella notte il cielo terso e stellato dove brillava uno spicchio di luna, la brezza leggera e il profumo dell'aria che annunciava la primavera.
Camminavo come ora per queste vie, perdendomi allo stesso  modo tra pensieri confusi mentre la realtà mi sfuggiva. Così anche allora mi accorsi tardi che era buio, quando ormai il sole doveva essere tramontato da un pezzo. Forse solo altri sognatori camminavano con me  e ognuno d'improvviso si accorgeva della notte e della sua bellezza e continuava la sua passeggiata solitaria. La luce dei lampioni illuminava i nostri passi,  calda e rassicurante, ma ancora permetteva di guardare le stelle. Ogni cosa sembrava più bella nel buio che la avvolgeva,  perché quella era una notte da sognatori, e non posso che ricordarla con nostalgia mentre ripercorro melanconicamente le stesse strade.
La piazza che  mi si apre davanti è rimasta uguale durante gli anni. Le stesse case la cingono e ancora una statua la domina dall'alto. Quella volta cominciai ad attraversarla correndo, a occhi chiusi, respirando l'aria fresca della sera. Mi sentivo libero e addirittura potente, credevo di esserne il padrone, ma questa sensazione sovrumana durò poco. A riportarmi alla realtà fu  infatti un sampietrino appena sporgente sul quale inciampai, franando per terra. Mi stavo rialzando tutto indolenzito quando sentii una risata inaspettata. Quindi non ero solo, davanti a qualcuno avevo appena messo in atto quella scena ridicola, di cui io stesso avrei riso.  Pensai che doveva essere una donna, molto bella per di più. Anche se non vedevo nessuno, infatti, la risata era alta ed elegante e si perdeva nell'aria lasciando come un'impronta, un profumo. A questo punto avrei proseguito come al solito nel mio vagare, ma incuriosito e quasi affascinato da quel particolare volli cercarla. Notai un'ombra muoversi dietro a una colonna, non persi tempo e la seguii. Si muoveva velocemente, fuggiva? Non sono uno che da molta importanza agli specchi, ma neanche credo di aver avuto, soprattutto a quel tempo, un aspetto tanto inquietante da provocare una corsa del genere. Per questo motivo proseguii, un po' irritato a quel punto, con passi più lunghi e frequenti.
Dalla piazza partono le eleganti vie del centro, dove anche a quest'ora si può trovare qualcuno seduto in qualche  caffè raffinato a parlare e a fumare. Artisti di strada stanno agli angoli, suonano e alcuni sono molto bravi, almeno a giudizio di un inesperto come me. Quelli che si esibiscono ancora   non sperano più in un offerta, lo fanno per amore del proprio strumento, sentendosi seppur per poco i benefattori dei passanti a cui fanno la carità della loro musica. Uno in particolare lo rivedo ogni sera e mi sembra che sia rimasto nel suo cantuccio da sempre, insieme al suo violino. Non ci siamo mai parlati ma ogni tanto anche lui sembra riconoscermi, d'altronde penserà che devo essere un pazzo o un maniaco a passargli di fronte così spesso.  Ora è vecchio ma io lo ricordo ancora giovane e con i capelli castani e magari anche lui fa lo stesso con me. Ecco che mi saluta con un gesto, io rispondo, lui prende il suo violino e attacca a suonare. È la stessa melodia. È quella che suonava mentre io passavo, quella notte, inseguendo quella donna. La ricordo perché fu in quel momento che lei, accorgendosi del mio passo più svelto, si girò e per la prima volta vidi il suo viso.  Bastò un attimo perché ne rimanessi impressionato, perché restassi intrappolato dal suo sguardo. Se sono riuscito con la complicità del tempo a dimenticare tutto il resto, dai suoi occhi invece non riesco ancora a fuggire.
«Buonasera»
Mi fermai. Non ero pronto a fare conversazione. Mi voltai per tornare indietro, volevo mettere fine a quella  stupidaggine dell'inseguimento e tutto il resto.
«Ho detto “buonasera”...» disse lei con fare quasi scocciato.
Qui cambiai idea. Pensai che quello scocciato al massimo potevo essere io, dato che prima mi aveva deriso e poi era scappata, come se fossi una bestia.
«Ho sentito che ha detto “buonasera”, non le manca certo la voce»
«Insomma cosa vuole? Prima mi insegue, io la saluto tranquillamente e lei mi risponde così»
«In realtà prima lei si mette a ridere di me e poi io la inseguo, anzi lei ride e poi scappa e io la inseguo, comunque buonasera»
Dopo questo breve scambio di battute, iniziava a muoversi verso di me minacciosamente, con un faccia che era molto meno angelica di quella di prima. Un sampietrino appena sporgente, però, la fece inciampare. Scoppiò ancora una risata, questa volta incontrollata ma condivisa.
«Mi può dare una mano a rialzarmi, almeno?»
«Non so, potrei anche scappare» dissi, mentre già la aiutavo.
Mentre ripenso a quelle parole, adesso, mi accorgo di quanto fossero patetiche.
In ogni caso una volta che si rialzò, mi presentai. Disse che non aveva mai sentito il mio nome, cosa che era del tutto scontata, e le chiesi il suo. Non mi era nuovo, doveva di sicuro avere una certa fama per il suo aspetto. Seguì un breve silenzio che volli subito rompere, a costo di fare la più stupida delle domande:
«Cosa ci fa in giro a quest'ora?»
«Stavo tornando a casa, quando l'ho vista, e lei?»
«Io stavo facendo una passeggiata, mi piace camminare di notte, giro per un po' e torno a casa, niente di speciale»
«E le fa spesso queste sue passeggiate?»
«Mah, dipende. Quando non ho nulla da fare, sempre. Non sono uno molto impegnato, quindi alla fine si, le faccio spesso. Credo che sia un buon modo di passare il tempo da soli.»
Allora le avrei voluto chiedere qualcosa in più, chi fosse veramente e se le fosse mai capitato di passare del tempo da sola, cosa poco probabile d'altronde, invece non ne ebbi il coraggio. A forza di  stare così   a lungo per conto mio, avevo dimenticato che piacere fosse parlare con qualcuno, e tornare a farlo, anche se per dire banalità mi rendeva felice. Ero diventato un' isola, ma per qualche attimo mi sentii qualcosa di più grande. Mi sentii come un pianeta remoto che vede la sua notte illuminata da una stella cometa. Fu però solo per poco, perché quella era destinata a scomparire dietro al mio orizzonte.
Così, dopo aver camminato insieme fino alla fine della via, eppoi fino alla fine di un'altra e di un'altra ancora, mentre il nostro dialogo procedeva a fasi alterne, ci fermammo. Il sole stava sorgendo, mentre il cielo già diventava biancastro. Lei si allontanò, scomparendo nel giorno che cominciava. Io tornai verso il mio  desolato appartamento, stremato. Quando arrivai caddi in un sonno profondo.
Mi svegliai solo dopo qualche ora, provando un senso di grandissimo sconforto. La luce chiara del sole illuminava la  mia stanza e affacciandomi alla finestra vidi che niente aveva più i magici contorni sfumati della notte. Questo sentimento non si limitò a quel risveglio ma si ripresentò spesso, dovuto alla consapevolezza che quell'episodio era stato eccezionale, irripetibile. Eppure tentai di rivivere quella notte, rivisitando quei luoghi durante passeggiate senza meta, con l'unico fine di incontrare di nuovo quella donna, mentre gli anni passavano. Non ho mai voluto cercarla di giorno, informandomi su chi fosse, per esempio, anche quando avrei potuto facilmente. Ho sempre preferito affidare la nostra riunione al caso, all'imprevedibilità dei sogni.
In questo modo, anche stasera vi racconto questi fatti mentre cammino, ormai vecchio. Non ho più le forze per correre in mezzo alla piazza, arranco e ogni tanto mi devo fermare su una panchina. Seduto, mi accorgo che anche oggi è una bella nottata, mi godo il fresco e mi riposo. Mi guardo intorno alla ricerca di qualsiasi distrazione. Per prima cosa decido di seguire il volo di un merlo, poi passa un tizio in bicicletta, e dopo un cane.

Ma ecco che improvvisamente mi attrae un luccichio. Ritorna a risplendere nel mio cielo quella cometa dalla chioma ormai bianca … che dite la inseguo?

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